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Pacciamatura: tecniche agricole per proteggere il suolo

Ci sono due tipi di agricoltori: quelli che stendono teli neri pacciamanti e mandano il suolo a miglior vita. 

E quelli che, invece, preferiscono pacciamatura naturale proteggendo il terreno con paglia, foglie ed erba secca.

Ora, non vogliamo fare la guerra ai teli per pacciamatura (o forse sì), ma c’è qualcosa di profondamente triste nel vedere un campo rivestito di plastica opaca, dove sotto non cresce niente, sopra batte il sole e tutto intorno odora di petrolio riciclato.

Perché sì, quella plastica che tanto ti semplifica la vita all’inizio, col tempo rilascia anche qualche simpatico residuo chimico. Coloranti industriali, polimeri surriscaldati, microparticelle che colano nel terreno a ogni pioggia.

Un bel modo per “proteggere” il suolo, no?

Oltre il fatto che quelle particelle, invisibili a occhio nudo, restano lì. Non scompaiono, non si degradano.

Entrano nel ciclo della terra, si mischiano alla tua prossima coltivazione, e chissà — magari anche nel tuo piatto.

È un bel prezzo da pagare per risparmiare qualche minuto di pacciamatura naturale.

Ma se sei qui, probabilmente questo cambio lo stai già vivendo. 

O almeno ti sta venendo il dubbio che forse, quella terra nuda, compatta e continuamente arata non sia proprio il massimo.

In questo articolo vedremo cosa usare, quando farlo e perché la pacciamatura è una delle scelte più intelligenti per non diventare schiavo del proprio campo.

Perché a volte, per risparmiare acqua, fatica e maledizioni sotto il sole, basta solo coprire il terreno con quello che la natura ti offre.

Cos’è la pacciamatura naturale?

Essenzialmente un invito a toglierti di mezzo. A non disturbare. A smettere di lavorare il suolo di continuo.

Se ti capita di camminare in un bosco dopo l’autunno, guarda dove metti i piedi.

Lo senti quello strato morbido sotto le scarpe? È una coperta di foglie secche, aghi di pino, rametti, residui vegetali.

Una trama spontanea di materiale organico che si decompone, trattiene l’umidità, protegge la vita sotterranea e impedisce che il suolo venga dilavato dalla pioggia o cotto dal sole.

La natura lo fa da sempre.

Non ara, non zappa, non strappa.

Copre. Lascia. Trasforma.

Pacciamare in modo naturale vuol dire copiare questo principio.

Vuol dire capire che la terra non ha bisogno del nostro controllo ossessivo, ma del nostro rispetto.

Ecco perché quando vedi un campo coperto da un telo nero plastificato – magari con i bordi scaldati dal sole e qualche sostanza chimica che inizia il suo lento trapasso nel terreno – ti rendi conto che l’agricoltura ha preso una scorciatoia.

Più rapida, sì. Ma anche più stupida.

La pacciamatura naturale, invece, non si impone. Accompagna.

E chi la adotta, col tempo, smette di rincorrere il terreno e comincia a coltivare insieme a lui.

Vediamo come si fa.

Come fare una corretta pacciamatura?

Fare pacciamatura non significa buttare qualcosa per terra e sperare che “la natura faccia il suo corso”. 

Quella, la natura, il suo corso lo fa eccome — ma pretende un minimo di buon senso da parte nostra.

La pacciamatura si fa con materiali organici naturali, asciutti, non trattati, e soprattutto differenziati nel tempo. 

Perché anche la terra ha bisogno di varietà: se ogni anno pacciami con lo stesso materiale (es. solo paglia), rischiamo di sbilanciare l’apporto di elementi, impoverendo invece di arricchire.

La regola d’oro? Uno strato di 5-10 cm, che sia spesso abbastanza da trattenere l’umidità e coprire le erbe competitive, ma non tanto da soffocare il suolo. 

Né troppo sottile da non servire a nulla, né una colata di cemento vegetale.

Puoi pacciamare con la paglia, con erba sfalciata (ma solo se ben secca), foglie di bosco, cippato fine (solo da latifoglie), corteccia sminuzzata, cartone grezzo, compost maturo

No all’erba fresca: fermenta, cuoce le radici, e crea condizioni perfette per muffe e marciumi. 

Un consiglio in più: arieggia il terreno ogni, anche solo con una forca. 

Non serve lavorarlo, ma serve far entrare ossigeno. Senza aria, la vita nel suolo si spegne. 

È meno lavoro, più precisione, meno acqua persa, meno erbacce.

Ed è questo il punto: fare meno, per ottenere di più.

In che periodo si fa la pacciamatura?

La pacciamatura per orto o quel che sia, non ha una stagione precisa. Ha un senso.

E il senso è: proteggere il suolo quando ne ha più bisogno.

Questo significa che puoi farla in diversi momenti dell’anno.

In primavera, la pacciamatura serve a preparare il terreno, trattenere l’umidità delle prime piogge e bloccare sul nascere le erbe infestanti. È il momento ideale per chi parte con i trapianti e vuole mettere le piantine in un ambiente già stabile.

In estate, è una coperta leggera ma potente: protegge le radici dal caldo eccessivo, evita che l’acqua evapori come niente fosse e mantiene il terreno morbido, anche sotto il sole più bastardo.

In autunno, pacciamare vuol dire nutrire il suolo. Foglie secche, erba sfalciata e residui colturali creano quella lettiera viva che si decompone lentamente e rigenera. È il modo naturale per affrontare l’inverno con un terreno più ricco.

E in inverno, specialmente se coltivi in zone fredde, la pacciamatura funziona come una coperta termica: riduce il rischio di gelate profonde e protegge le radici delle piante. 

Non blocca il gelo, ma lo attutisce. E non lascia il suolo nudo, che è la peggior condizione possibile.

Pacciamatura naturale: vantaggi

Quando copri il terreno con materiali naturali – paglia, foglie, cippato, sfalci ben secchi – stai facendo una cosa molto concreta: interrompi l’esposizione. Al sole, al vento, al gelo. In una parola: alla dispersione.

Cosa succede?

  • L’acqua resta più a lungo dove serve, tra le radici.
  • Le infestanti fanno molta più fatica a emergere.
  • Il suolo non si indurisce, non si spacca, non si prosciuga, ma resta fertile.
  • La vita microbica, quella che davvero nutre le piante, può restare attiva.


Ma i veri benefici della pacciamatura non sono solo nel suolo. È nel tuo tempo, nella tua fatica, nella tua libertà.

Chi pacciama bene, annaffia meno, zappa meno, rincorre meno problemi, spende meno, a meno mal di schiena.

È un modo per smettere di rincorrere l’orto con il fiatone e iniziare a coltivarlo con criterio.

Se poi qualcuno ti dice che è troppo lavoro all’inizio, puoi rispondergli che zappare o vangare a luglio per estirpare gramigna è molto peggio.

La differenza è sempre lì: o lavori col suolo, o ci combatti.

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